Scritto da Luca Cheli
Premessa
In questo articolo vengono esaminate le prove disponibili e gli indizi, reali o supposti, riguardanti il caso Kercher per dimostrare quanto infondata e illogica sia ogni teoria che ritenga Amanda Knox e Raffaele Sollecito colpevoli.
Il ragionamento seguirà principalmente la motivazione di primo grado (d’ora in poi citata come “Massei”), ma verranno considerati anche altri possibili scenari che suppongano la colpevolezza dei due studenti.
Non si discuterà di DNA (particolarmente delle questioni riguardanti il DNA Low Copy Number), dato che questo è un campo specialistico che lascio agli studiosi della materia, professionisti o dilettanti che siano.
Questo breve saggio, che qui e là assume i toni del divertissement, sarà basato quasi esclusivamente sulla logica e il suo scopo è dimostrare che Knox e Sollecito potevano e dovevano essere assolti già in primo grado, al di là e nonostante l’affidabilità delle prove genetiche.
Si presume che il lettore abbia una buona conoscenza del caso e accesso ai principali documenti citati come riferimento (principalmente le motivazioni di primo [Massei] e secondo grado [Hellmann]).
Colpevolezza del primo tipo – Mancanza di premeditazione
L’ortodossia – Il racconto di Massei
Lo scenario colpevolista principale che non comporti premeditazione è ovviamente quello descritto nella motivazione di primo grado, cioè quella su cui si basa la condanna in primo grado di Knox e Sollecito.
Come detto si presume che il lettore la conosca e quindi non se ne ripeteranno i passaggi con lunghe citazioni: ci si limiterà a confutarne il contenuto.
In questo scenario non c’è movente, infatti l’unica cosa nella motivazione che arrivi più o meno vicino ad una giustificazione del delitto è un alquanto vago riferimento ad una “scelta di male estremo”, che tuttavia appare come un’arbitraria e assiomatica supposizione, più che altro utile a mascherare l’assenza di una vera ragione per l’omicidio.
1 novembre 2007
Ma seguiamo ora il ragionamento della sentenza di primo grado e accettiamo per ora che Knox e Sollecito, avendo deciso di non passare la serata e la notte assieme nell’appartamento di Raffaele, come ci si aspetterebbe da due giovani fidanzatini, abbiano passato invece un’ora e mezza in Piazza Grimana, che in quella fredda notte perugina condividevano presumibilmente solo con Toto Curatolo, il testimone che affermò di averli visti a più riprese vagare per novanta minuti in quella piazza deserta.
Giusto come annotazione, in uno scenario senza premeditazione è impossibile pensare che Amanda e Raffaele abbiano atteso per un così lungo tempo nella piazza solo per evitare di essere visti dalle persone nella macchina in panne davanti al cottage o dall’autista del mezzo di soccorso: in tale scenario, infatti, fino a questo momento essi sono solo due innocenti fidanzatini che vanno a passare la serata ed eventualmente la notte in un posto dove hanno ogni diritto di andare, dunque non hanno nessun motivo di nascondersi o di non farsi vedere.
Accettiamo anche, per ora, che finalmente, in un qualche momento dopo le 23 del 1 novembre (ma Curatolo disse nove volte “prima di mezzanotte” e solo una volta “dopo le 23” durante il primo processo [udienza del 28/3/2009, pagine 5,6,9,10,11,12,15,16,17,25]) essi decidano di andare nel villino al numero 7 di Via della Pergola, presumibilmente e casualmente unendosi nel breve cammino a Rudy Guede, che Amanda aveva visto un paio di volte e Raffaele neppure una.
Assumiamo pure che i due fidanzatini non abbiano alcun problema a condividere il loro secondo nido d’amore con qualcuno che conoscono molto poco (Amanda) o per niente (Raffaele) ed infine assumiamo che a causa del fumo, delle canne o di Dio sa solo cosa, gli eventi davvero siano andati come Massei racconta: “qualche minuto dopo le 23.30” [Massei, pagina 411], cioè probabilmente alle 23.35, Meredith è morta, Rudy scappa e Knox e Sollecito si ritrovano con un coltello insanguinato in mano, un cadavere sul pavimento, sangue dappertutto ed un grosso problema.
Che succede dopo?
Secondo Massei sono a piedi nudi (ma onestamente, sulla base di ciò che stavano facendo secondo la ricostruzione di primo grado è lecito supporre che fossero anche un po’ più svestiti e poi più vestiti hanno addosso più c’è il problema delle macchie di sangue su questi ultimi, mentre la sentenza assume che Guede fosse vestito) e presumibilmente coperti dal sangue di Meredith, perciò adesso devono, come minimo:
1)Pulirsi.
2)Vestirsi.
3)Fuggire e per strada gettare i due telefoni cellulari di Meredith nel parco della villa dei Lana.
Tutti questi passaggi devono essere compiuti prima delle 00.10 del 2 novembre, quando secondo i tabulati una chiamata ad uno dei due cellulari passò attraverso una torre che copriva quel parco ma non il cottage.
La villa dei Lana, in Via Sperandio 5b, si trova ad una distanza dal cottage che è circa doppia di quella che lo separa dall’appartamento di Raffaele, il che significa che ci vogliono almeno 10 minuti quasi di corsa per raggiungerla e assumendo che uno sappia con sicurezza dove sta andando.
Di conseguenza la coppia deve lasciare il villino al massimo per mezzanotte, più realisticamente diciamo entro le 23.55.
Lavarsi e rivestirsi, mettere il piumino sul cadavere di Meredith, prendere i telefoni, chiudere la porta della camera della vittima e lasciare il cottage può essere fatto magari in dieci minuti, sempre che si dia per scontato che i due non perdano neppure un minuto a guardarsi l’un l’altro con stupore, paura, incredulità, visto che dopo tutto hanno appena ucciso “per caso” un’amica o comunque almeno una conoscente.
Ma se si vuole stare negli orari di Massei è necessario supporre che Amanda e Raffaele abbiano agito con perfetto sincronismo, come una coppia di consumati assassini professionisti.
Questo è ancor più valido se si pensa che adesso i due, sempre secondo Massei, devono pure mettere in atto quello che è l’operazione più controversa di quella notte frenetica: la favoleggiata simulazione di effrazione
.
Secondo Massei (pagine 409-410) le cose sono andate così:
“La situazione all’esterno della casa dovette apparire tranquilla (il carro attrezzi era arrivato e ripartito verso le 23.15 e nessuno doveva trovarsi per strada a guardare verso la casa, peraltro la Capezzali e la Dramis che hanno riferito di aver sentito l’urlo non si portarono all’esterno delle proprie abitazioni) e allora fu deciso di rompere il vetro per creare la messa in scena dell’ignoto malvivente entrato dalla finestra e fu deciso che si poteva uscire. Raffaele Sollecito che nel frattempo, dopo essere stato nel bagno piccolo doveva essersi rimesso le scarpe è da ritenere che si sia recato intorno alla casa per cercare il grosso sasso (poi rinvenuto) da usare per rompere il vetro ed Amanda poteva a sua volta recarsi nel bagno per lavarsi le mani ed i piedi; quando Raffaele rientrò col grosso sasso fu creato il disordine nella stanza della Romanelli, fu rotto il vetro e le persiane sospinte all’esterno.”
Si noti che Massei deve sovrapporre temporalmente il lavaggio di Amanda con la ricerca da parte di Raffaele del “grosso” (non poi così grosso quando visto nella mano di un poliziotto in una foto) sasso per poter a mala pena far rientrare così tante azioni in un tempo così ristretto. Ma ciò è ottenuto al prezzo di presumere un alto livello di coordinazione e di prontezza all’azione da parte della coppia. E d’altra parte sembra alquanto strano che due ragazzi che hanno appena compiuto un omicidio non premeditato, e quindi in preda ad una discreta dose di panico, avendo a disposizione due bagni in quell’alloggio, si infilino a turno in uno solo.
Suppongo comunque che si sia sempre dato per scontato che fosse Amanda a dare gli ordini.
Magari in tedesco.
Allora, ricapitolando, Meredith viene uccisa alle 23.35 e Knox e Sollecito devono lasciare il cottage entro le 23.55: hanno quindi venti minuti per lavarsi, vestirsi, mettere in atto la simulazione di furto, tornare nella stanza di Meredith, coprirla con il piumino, rubare i suoi telefonini e chiudere la porta della stanza.
A stretto rigore può essere fatto, però, di nuovo, bisogna assumere che Amanda e Raffaele abbiano in mente un perfetto piano d’azione dal momento in cui Meredith è pugnalata a morte. Che ciò sia realistico o meno da parte di due giovani che non hanno alcuna esperienza di situazioni del genere (lasciando perdere le teorie colpevoliste più esasperate), che sono per di più magari pure ancora sotto l’effetto di qualche droga e considerando che l’altro assassino è semplicemente scappato senza neppure lavarsi (sempre secondo Massei), beh questo lo si lascia al giudizio del lettore.
Ma andiamo avanti: siamo ora tornati a casa di Raffaele con i due, ma essi non sono soli, hanno un ingombrante terzo incomodo: il coltello.
Sì, perché secondo la sentenza di primo grado, Amanda e Raffaele sono così astuti, così freddi, da non gettare semplicemente via il coltello in quello stesso burrone dove hanno gettato i telefoni di Meredith (non sapevano che si trattasse del parco di una villa) o da qualche altra parte durante la fuga: no, mentre si lavavano, si vestivano e simulavano l’effrazione, si sono pure ricordati che il coltello era inventariato e che perciò dovevano riportarlo a casa di Raffaele e rimetterlo nel cassetto.
Sì, certo.
Questa non sarà davvero l’ultima volta che i due studenti verranno fatti passare per estremamente subdoli o astuti solo perché l’impianto accusatorio ne ha bisogno: dato che il coltello è stato sequestrato a casa di Raffaele c’è bisogno di una spiegazione del perché non sia stato semplicemente gettato via e così l’apparentemente intelligente storia dell’inventario è stata concepita.
La sentenza di secondo grado la respinge dicendo che
“La mancanza di un coltello inventariato avrebbe rappresentato certamente un rischio assai minore rispetto al sequestro in casa dell’arma del delitto” (Hellmann, pagina 66)
e questo è quello che qualsiasi omicida, anche di primo pelo, avrebbe pensato.
Se questa non è certo l’ultima volta che Amanda e Raffaele saranno trattati come burattini per soddisfare le esigenze dell’impianto accusatorio, essa non è nemmeno la prima in questo racconto: l’idea di buttare i telefoni nel parco della villa è un altro esempio, dato che, come di nuovo fatto notare dalla sentenza di secondo grado, togliere semplicemente le batterie sarebbe stato molto più efficace.
Si potrebbe replicare che qualcuno però quei telefoni in quel posto deve averceli gettati ancora attivi e che se fosse stato Guede, perché non avrebbe pensato pure lui a togliere le batterie?
In realtà c’è una differenza tra i due studenti e Rudy, specialmente in Massei ma più o meno anche in ogni scenario colpevolista noto: Rudy scappa subito, si comporta come preso dal panico, mentre Amanda e Raffaele agiscono con freddezza e sono pure capaci di immaginare sul momento la necessità di una simulazione di furto (ci ritorneremo).
Comunque sia, ci ritroviamo ora a casa di Raffaele un po’ dopo la mezzanotte con i due fidanzatini ora pure partners nel crimine: che cosa si suppone che facciano?
Qui c’è una specie di buco nero nella sentenza di primo grado, dato che l’impianto accusatorio durante il primo processo aveva supposto, almeno inizialmente, che la supposta pulizia della scena del crimine avesse avuto luogo durante la notte, mentre Massei opta per collocarla nella mattinata del 2 novembre:
“Che poi tale attività di pulizia si fosse potuta realizzare la notte stessa, subito dopo l’omicidio appare difficile ipotizzarlo. Trattenersi ancora nella casa dove c’era il corpo di Meredith poteva essere rischioso. Viceversa, tornare la mattina avrebbe consentito di pulire in condizioni migliori e con più tempo a disposizione”. (Massei, pagina 415)
Parleremo dopo della dubbia logica che sta dietro alla ricostruzione di Massei dell’attività di pulizia, per il momento è sufficiente notare che per quello che riguarda la sentenza di primo grado la notte dopo l’omicidio è qualcosa di ignoto: semplicemente non tratta di cosa Knox e Sollecito possano aver fatto quella notte.
Massei non lo fa, ma noi possiamo e vogliamo farlo, dato che è molto importante nell’economia di uno scenario colpevolista.
Allora, cosa fanno i due fidanzatini, ora pure “diabolici”?
Beh, se dovessi scrivere un racconto su di una vera dark lady, supporrei che abbiano fatto sesso: sesso dopo il delitto, accidenti!
Ma torniamo alle cose serie: non possiamo supporre che siano semplicemente andati a dormire, rimandando ogni ulteriore azione al mattino dopo: come si potrebbe dormire in uno stato del genere, pieni di adrenalina e paura?
Si può immaginare che abbiano almeno pulito il coltello con la candeggina, magari tenendolo per il manico e pulendo solo la lama, ma in qualsiasi modo sia stata fatta, tale pulizia non può aver portato via più di dieci o venti minuti, e quindi, cosa fu fatto nelle ore successive?
Ebbene, la cosa più ovvia, la cosa che chiunque al loro posto avrebbe fatto, sarebbe stata quella di pianificare in anticipo la pulizia della scena del crimine per il mattino dopo e, soprattutto, concepire una storia, inventarsi un alibi per quella serata.
Questo è un punto fondamentale che non può essere mai sottolineato abbastanza: se colpevoli avrebbero certamente passato le prime ore del 2 novembre a pianificare un comune, condiviso racconto delle loro azioni durante la serata precedente.
Sono astuti, no?
E allora dovevano immaginarsi che sarebbero stati interrogati su quello che avevano fatto e sul dove erano stati in quella serata e quindi avrebbero del tutto naturalmente elaborato una storia più o meno dettagliata delle loro azioni.
Di solito il punto debole di questo genere di storie concordate tra complici è che concordano troppo tra loro: l’errore più comune è quello di elaborare troppi dettagli, di raccontarli con troppa precisione e con poca o nessuna differenza tra le versioni dell’uno e dell’altra.
Mentre ci si può aspettare che la nostra astuta e subdola coppia non possa commettere un errore del genere, sarebbe altrettanto un’offesa alla loro intelligenza pensare che non si siano almeno messi d’accordo sugli elementi di base della loro storia inventata, al punto di non saper dire con certezza a che ora hanno cenato, a che ora ci fu la perdita dal lavandino, a che ora finirono di guardare il film, quando fecero sesso e anche approssimativamente quando si addormentarono.
Perché se sono colpevoli sanno perfettamente che è importantissimo che le loro versioni appaiano credibili, che non cambino e che almeno sulla sequenza temporale degli eventi, se non sui dettagli, ci sia accordo e che tale storia sia ripetuta coerentemente a tutti.
In questo scenario Raffaele non avrebbe mai raccontato una storia diversa ad una giornalista britannica (senza peraltro considerare che lui potrebbe aver capito male le domande e lei le risposte).
Ma anche Amanda non sarebbe mai apparsa vaga od ondivaga sull’ora della cena o della perdita d’acqua: i due avrebbero messo degli orari nelle loro storie, magari non precisi al minuto ma certamente alla mezz’ora.
In sintesi: avrebbero avuto un alibi reciproco migliore di quello che presentarono nella realtà.
Poi, dopo aver preparato un racconto comune, i due magari rimuginano su quello che è successo, tuttavia se hanno mostrato tanto sangue freddo da essere capaci di determinare velocemente la necessità di simulare un furto e di realizzarlo al volo, devono anche essere molto determinati a farla franca e a non essere scoperti.
Quindi forse passano altro tempo a riesaminare quello che hanno fatto al cottage dopo l’omicidio, cercandovi dei punti deboli… e in tale riesame possono trascurare ciò che quasi tutti troveranno così evidente, ovvero quei frammenti di vetro sopra e non sotto gli oggetti nella stanza di Filomena Romanelli?
Ma forse adesso sono semplicemente troppo stanchi, perciò lasciamoli dormire…
2 novembre 2007
Non possono aver dormito a lungo, come possono aver dormito con tanta tensione dentro di loro? Forse Raffaele si è davvero svegliato per ascoltare un po’ di musica alle 5.32 del mattino, ma questo non importa. Ciò che importa è che ora andiamo a introdurre il primo evento veramente importante della giornata: l’avvistamento di Amanda da parte di Quintavalle.
Uso il termine “avvistamento”, perché esso sembra realmente uno di quegli incontri ravvicinati del terzo tipo resi famosi da Spielberg: Quintavalle “vede” qualcuno che egli riconosce in Amanda, ma che passa attraverso il suo negozio senza comprare niente e che poi va via, come un fantasma.
In Massei la ragione di questo incontro ravvicinato è una “possibilità”:
“Che poi tale attività di pulizia si fosse potuta realizzare la notte stessa, subito dopo l’omicidio appare difficile ipotizzarlo. Trattenersi ancora nella casa dove c’era il corpo di Meredith poteva essere rischioso. Viceversa, tornare la mattina avrebbe consentito di pulire in condizioni migliori e con più tempo a disposizione; è anche possibile che ci fosse stata la necessità di acquistare dei prodotti come la visita al negozio del Quintavalle consente di ritenere. Inoltre, una volta presi i cellulari e chiusa a chiave la porta non dovevano esserci controindicazioni a rimandare alla mattina presto tale attività di pulizia. Se qualcuno fosse arrivato nella casa (per esempio il Silenzi) la porta chiusa avrebbe dovuto convincerlo che Meredith non era in camera e l’impossibilità di sentire il suono dei cellulari di Meredith non avrebbe creato alcun sospetto.” (Massei, pagina 415)
Non è la prima volta, né sarà l’ultima, che Massei invoca una “possibilità”, ma questa appare invero stramba e sganciata dalla logica: c’erano due bottiglie di candeggina a casa di Raffaele e rimasero lì, e c’erano anche prodotti per la pulizia al cottage, ma allora perché andare al negozio di Quintavalle per comprare…niente, perché il testimone non ha potuto affermare che la supposta Amanda abbia comprato nulla e il suo registratore di cassa per quell’orario non indica acquisti.
Comunque tutto il passaggio sopraccitato lascia perplessi: come assassini trovereste così facile posporre la pulizia fino al mattino successivo? Sareste così freddi da ragionare come Massei pensa che loro abbiano ragionato? O non vorreste cancellare le vostre tracce il prima possibile? Inoltre, se fosse arrivato qualcuno, specialmente Filomena Romanelli, che era a Perugia quella notte, cosa sarebbe successo se l’effrazione fosse stata scoperta, non avrebbe forse causato un’immediata chiamata alla polizia con la possibilità di una successiva scoperta dell’omicidio?
Tra l’altro questo fu esattamente ciò che successe e non importa che Amanda e Raffaele abbiano o meno simulato l’effrazione: Filomena arriva, si allarma lo stesso anche se non può sentir suonare il telefono di Meredith (o forse proprio per quello: l’esatto contrario della farraginosa logica di Massei) e fa in modo che la porta venga sfondata.
Torniamo a Quintavalle: tutto quello che conta nella sua testimonianza è che egli abbia visto Amanda passare attraverso il suo negozio intorno alle 7.45 come in una visione e che poi sia uscita girando a destra, verso Piazza Grimana e il cottage.
E perché è questo a contare? Perché se è così che è andata, Amanda ha mentito perché ha negato di essere andata al suo negozio quella mattina. E se Amanda mente…
Ma adesso usiamo la logica e chiediamoci: un’Amanda scaltra e calcolatrice farebbe una simile visita per poi negarla?
No, non si sarebbe comportata così, ed ecco il perché.
Un’Amanda colpevole avrebbe saputo che i suoi movimenti sarebbero stati analizzati e la sua storia controllata e per di più il negozio di Quintavalle si trovava a circa duecento metri da casa di Raffaele e sulla strada per il cottage: era quasi matematico che il proprietario sarebbe stato interrogato dalla polizia (era meno matematico che avrebbe raccontato tutta la storia solo un anno dopo, ma questo nessuna Amanda, colpevole o innocente, astuta o stolta, potrebbe averlo mai immaginato).
Dunque se fosse mai andata al negozio non avrebbe mai negato di esserci stata, avrebbe piuttosto inventato che non aveva trovato ciò che cercava, meglio ancora avrebbe comprato qualcosa di innocente, magari the e biscotti per la colazione.
Ma in realtà è tutta la sua presenza in quel posto che non ha senso.
Una volta che sappiamo che non ha comprato niente e una volta che sappiamo che la candeggina a casa di Raffaele non venne utilizzata, qual è lo scopo della sua presenza là?
Forse c’era solo bisogno di dare un valore alla testimonianza di Quintavalle…
Già, proprio così, perché sembra tanto che Amanda sia un burattino guidato attraverso i meandri della vicenda così come ricostruita dall’accusa e validata dal giudizio di primo grado: deve andare da Quintavalle anche se non ha motivo di farlo, poi dopo deve negarlo, anche se, di nuovo, potrebbe facilmente trovare una giustificazione, solo perché in questo modo la testimonianza altrimenti “fantasmatica” di Quintavalle assume un significato: Amanda ha mentito, e se mente…
Ma adesso andiamo avanti, seguendo i passaggi della ricostruzione degli eventi di Massei: Amanda arriva al cottage intorno alle otto di mattina e presumibilmente inizia le famose, presunte, pulizie. Ha quattro ore prima della chiamata delle 12.08 alla Romanelli, cioè quattro ore di tempo a disposizione, visto che nel racconto di Massei non fa nessuna doccia ma passa il tempo a pulire la scena del crimine.
Ma prima di analizzare i buchi nella storia della pulizia, fermiamoci un attimo e chiediamoci “e Raffaele?”
Beh, Raffaele è a casa sua…e perché?
Perché, secondo Massei:
“la realizzazione [della pulizia] fu affidata alla sola Amanda poiché in due, se qualcuno li avesse visti in quell’ora di mattina, sarebbero stati più facilmente notati e se avessero incontrato persone che li conoscevano si sarebbero dovuti trovare, verosimilmente, a dare spiegazioni.” (Massei, pag. 415)
Qui la logica della motivazione mostra diverse pecche: se qualcuno che essi non conoscono li avesse visti, che sorta di inferenza avrebbe dovuto trarre dal fatto di vedere una giovane coppia camminare insieme? In che senso “sarebbero stati più facilmente notati”? E in ogni caso, erano veramente più visibili come coppia? Amanda da sola era forse invisibile? Se la loro paura era che qualcuno potesse successivamente raccontare di averli visti andare di buon ora al villino, il fatto che Amanda ci andasse da sola cambiava molto le cose o non era esso stesso un elemento sfruttabile dall’accusa, come poi del resto è successo?
Se poi “avessero trovato persone che li conoscevano”, non avrebbero queste persone perfettamente saputo che formavano una coppia molto unita, di modo che non avrebbero dovuto dare nessuna spiegazione a chicchessia?
La verità è che nuovamente Amanda e Raffaele sono pupazzi nelle mani dei creatori della loro storia: Raffaele deve stare a casa perché è stato accertato che alle 9.30 ricevette una chiamata da suo padre e perciò la storia deve sistemare in qualche modo questo dettaglio.
Il fatto che Amanda durante i suoi interrogatori non abbia parlato di tale chiamata è stato considerato una prova della correttezza della ricostruzione di Massei, ma, a parte che poteva essere ancora addormentata o in bagno (Hellmann, pag. 129), in uno scenario di colpevolezza è molto più probabile che i due complici, ben sapendo che avrebbero dovuto difendere il loro alibi, si sarebbero mantenuti informati l’un l’altro su eventi che entrambi avrebbero dovuto conoscere se fossero stati insieme.
In breve: Raffaele avrebbe informato Amanda della telefonata.
Ma in realtà, se davvero fossero stati colpevoli, Raffaele non avrebbe mai risposto a quella chiamata da casa, perché sarebbe stato con Amanda al cottage, impegnatissimo con le pulizie.
Perché se la tua libertà e il tuo futuro dipendono dalla qualità di quella pulizia, tu non la affidi a nessuno, nemmeno a Domina Amanda, tu vuoi esserci ed assicurarti che sia fatta nel miglior modo possibile! Mettetevi in quella situazione e ditemi che avreste fatto quel mattino…
E adesso parliamo della pulizia.
Una pulizia di qualità variabile: incredibilmente (alla lettera) perfetta in camera di Meredith, alquanto approssimata nel bagno e in corridoio.
Prima quella perfetta: Massei a proposito è vago, e per forza, perché affermare apertamente che una ragazza di vent’anni (per di più da sola), senza conoscenze di scienze forensi o esperienze del genere possa aver selettivamente cancellato una parte delle tracce, includendo quindi DNA, capelli, impronte, ma lasciando quelle di Guede, sarebbe stato considerato un po’ eccessivo in qualsiasi tribunale.
Inoltre Massei è vago anche a proposito del significato di quella pulizia selettiva: non afferma che è stato fatto per incastrare Guede, anche se questo potrebbe essere l’unico significato possibile, perché tale affermazione gli causerebbe più di un problema con la presunta calunnia di Amanda contro Lumumba, come vedremo in seguito.
Infine, penso sinceramente che tale pulizia selettiva, con i mezzi e le conoscenze a disposizione di Amanda, possa essere tranquillamente classificata come un’impossibilità tecnica e fattuale.
Punto.
Massei in realtà dice poco a proposito della pulizia, ma quel poco che dice colpisce, anche se forse non nel senso che l’autore si immaginerebbe.
“Né si ritiene che quanto esposto con riferimento all’attività di pulizia e di eliminazione delle tracce, sia contraddetto dalle impronte invece rinvenute e ciò con particolare riferimento a quelle di scarpa lasciate nel corridoio. Al riguardo può infatti ipotizzarsi o che l’attività di pulizia non fu particolarmente attenta oppure –e questa seconda ipotesi la si ritiene più probabile perché le impronte di scarpa, come è stato ricordato, erano assai evidenti- tale omissione fu voluta nella consapevolezza che, essendosi trovati nella camera di Meredith, quando la stessa veniva uccisa, con i piedi nudi secondo quanto si è avuto modo di osservare, le impronte insanguinate di scarpa avrebbero potuto costituire un elemento a loro discolpa.” (Massei, pag. 415-416)
Qui si sta parlando soprattutto delle impronte insanguinate della scarpa di Guede e la logica è, mi si permetta di dirlo, stupefacente: Amanda appositamente non pulirebbe le impronte insanguinate della scarpa di Guede non per incastrarlo (questo non può essere detto, altrimenti intralcerebbe l’accusa di calunnia), ma per costruire un elemento a discarico per se stessa e Raffaele, visto che sapeva che loro due erano scalzi nella stanza di Meredith.
Lei, se colpevole, lo sapeva, ma come potevano gli inquirenti saperlo?
Già, come?
In un solo modo: se scoprono quelle stesse impronte insanguinate di piedi nudi che si suppone Amanda stia facendo del suo meglio per cancellare!
Quindi abbiamo qui una contraddizione circolare: se Amanda pulisce bene la polizia non può sapere che lei e Raffaele erano a piedi nudi e quindi lasciare le impronte di Guede non ha valore difensivo, mentre dall’altra parte non pulire bene le loro stesse impronte insanguinate significa lasciarsi dietro prove compromettenti in se stesse…
Scacco matto.
Occupiamoci ora dell’alquanto scadente pulizia del bagno:
“Le piccole macchie di sangue nel bagno è da ritenere che non furono considerate significative e tali da richiedere un’apposita attività di pulizia e così per le macchie sul tappetino che potevano essere spiegate o facendo riferimento a delle ferite che si era procurato il malvivente entrato in casa rompendo i vetri o facendo riferimento a perdite di sangue riconducibili a mestruazioni (peraltro l’appartamento era occupato da quattro ragazze).” (Massei pag. 416)
Ragionevole?
No, non è ragionevole, perché se Amanda aveva conoscenze di scienze forensi tali da permetterle di capire il valore probatorio del materiale biologico, come dimostrato dalla sua supposta pulizia della stanza di Meredith, allora avrebbe anche capito che quelle piccole macchie di sangue potevano contenere anche il suo (o di Raffaele) DNA.
Dopotutto un sacco di gente molto seria ha immaginato che ci fosse del “sangue misto” in quel bagno…
Ma anche se Amanda è così intelligente da prevedere che la presenza del suo DNA nel bagno da lei stessa regolarmente usato non prova nulla (e infatti non prova nulla), lasciare intatta l’impronta sul tappetino del bagno è inconcepibile.
Come dimostrato da (finora) due processi, quell’impronta sul tappetino sarebbe stata l’oggetto di una controversia senza fine, e pensare che potesse semplicemente essere minimizzata come una “ferita del ladro” o peggio “sangue mestruale” è di gran lunga troppo ingenuo per Amanda la Signora delle Pulizie, anche se magari non per Amanda Marie Knox, quella che si fece una doccia in quel bagno e che realmente pensò che potesse trattarsi di sangue mestruale.
Ma supponiamo che ci sia una sola Amanda, che sia colpevole e che abbia realmente testimoniato di aver pensato che si trattasse di sangue mestruale perché quella era la storia di copertura sin dal momento della pulizia: manca ancora un pezzo nel puzzle, Raffaele.
Quell’impronta, per Massei, è di Raffaele e mentre nel racconto di Massei Raffaele durante la pulizia è tranquillo a casa, magari a leggersi i suoi manga, egli certamente arriva al cottage un po’ dopo mezzogiorno e, diavolo, sfido chiunque a dire che non va subito a controllare come è stata fatta la pulizia.
E sfido chiunque di voi a essere lui e a guardare quell’impronta insanguinata sapendo che è sua, un’impronta che può costargli il carcere a vita, e a immaginare che voi, al suo posto, avreste scrollato le spalle e accettato la storia di copertura del “sangue mestruale”, fosse pure la Venere in Pelliccia a proporla.
Raccontatemi che chiunque al suo posto non avrebbe immediatamente cercato di farla sparire con candeggina o altri detersivi e io vi dirò che gli asini volano.
Va bene, lasciamoci ora la pulizia alle spalle attraverso le parole di Massei:
“Una volta eseguita l’attività di pulizia programmata con Raffaele Sollecito, Amanda torna nella casa di C.so Garibaldi e sono all’incirca le 12.00.” (Massei pag.416)
Questa è una frase dalle enormi conseguenze e se il suo autore non se ne è reso conto, lo faremo noi al suo posto: per sua stessa ammissione la pulizia è stata completata e questo, assieme al fatto, riconosciuto dallo stesso Massei, che i Carabinieri vennero chiamati prima dell’arrivo della Polizia Postale, significa che per quanto riguardava Amanda e Raffaele (se colpevoli) tutto era pronto e si poteva passare alla scoperta del cadavere di Meredith.
Questo semplice fatto smonta e annulla, come presto vedremo, tutte le costruzioni, le insinuazioni, le speculazioni, i sospetti e Dio solo sa cos’altro che sono stati elaborati a riguardo delle presunte inconsistenze o contraddizioni di Amanda e Raffaele al momento della scoperta del delitto.
Consideriamo prima quali sono le presunte contraddizioni:
1)Raffaele prima dice che nulla è stato rubato nella sua chiamata ai Carabinieri, poi dice alla Polizia Postale che c’è stato un furto.
2)Amanda chiama a casa “quando niente era ancora successo”.
3)Amanda dice che Meredith abitualmente o comunque alle volte chiudeva (a chiave?) la porta, mentre Filomena lo nega al punto di dire che non la chiudeva quasi mai.
4)Il tentativo di Raffaele di buttar giù la porta fu “debole” o “incerto”.
5)Amanda non mostrò alcun panico al cottage ma poi nella sua lettera ai conoscenti e amici americani scrisse di essere stata nel panico.
6)Entrambi rimasero lontani dalla porta mentre veniva infine sfondata e sembravano non interessati a vedere ciò che era successo dentro la stanza.
7)Il comportamento in Questura nel pomeriggio del 2 novembre.
Punto 1
Incominciamo con il presunto “cambio di versione” di Raffaele in merito al furto, che viene considerato da Massei ulteriore prova che il furto venne simulato, in modo tale da poter anche aggiungere qualche considerazione in merito alla suddetta “simulazione”.
La sentenza di secondo grado ha esposto questo argomento molto bene e posso solo ripetere quanto ivi scritto e che suona alquanto ovvio ad una mente non preconcetta: Raffaele sta solo usando l termini furto o effrazione in un significato generico, per indicare una situazione anomala e preoccupante, non usa, ne si può chiedergli di farlo, i termini nel senso in cui un avvocato li userebbe.
Massei ritiene che durante tale chiamata egli fosse così preoccupato di rappresentare la penetrazione nella casa attraverso la rottura della finestra da pare di qualcuno che non avesse le chiavi, in modo da allontanare i sospetti da se stesso e da Amanda Knox (che ovviamente le aveva), da tradirsi a proposito della vera natura dell’evento (“Non c’è furto”), essendo la sua attenzione focalizzata sul mostrare in che modo fosse avvenuto l’accesso nella casa, piuttosto che sul furto di beni nella casa (che secondo l’impianto accusatorio egli sapeva non essere avvenuto), poi all’improvviso se ne accorge e cerca di rimediare, dicendo all’agente della Postale che arriva poco dopo che stava aspettando i Carabinieri perché c’era stato un furto nella casa. Così pure, se innocente, non poteva sapere che nulla era stato rubato perché la Romanelli non aveva ancora controllato che nulla le mancasse.
Ma usiamo un po’ di quel buon senso che non sembra abbondare nella sentenza di primo grado: se voi vedeste una finestra con il vetro rotto e una stanza a soqquadro nella casa di un amico, sareste tanto attenti a usare o non usare la parola “furto” finché il proprietario non avesse attentamente controllato le sue cose o non vi basereste semplicemente sul parere di una persona che vive in quella stessa casa e che vi ha appena detto che nulla SEMBRA mancare, visto che probabilmente ha almeno un’idea di quali siano gli oggetti di maggior valore?
E all’arrivo della polizia usereste il termine “tentato furto” o non direste semplicemente “furto” perché è la prima parola che vi viene in mente?
Ma infine, e per quel che ci riguarda soprattutto, se simulaste un furto, non rubereste VOI STESSI qualche cosa di valore che potete facilmente portare con voi?
Anche se si fossero dimenticati di portare via qualcosa durante le concitate fasi di simulazione del furto, avvenute subito dopo l’omicidio, avevano una notte (in gran parte insonne, come abbiamo detto prima e come sarebbe naturale dopo un evento del genere) per pensarci e poi ancora tutto il mattino del 2 novembre: sarebbe alquanto sciocco supporre che in tutto quel tempo non si siano mai resi conto che DOVEVANO rubare qualcosa.
E poi qualcosa di piccolo ma di valore poteva essere preso e messo in tasca in qualsiasi momento, anche nella tarda mattinata del 2 novembre.
Quindi se l’effrazione fosse stata simulata da Amanda e Raffaele, ci sarebbe anche stato un furto e per di più Raffaele sarebbe anche stato più attento nell’uso dei termini di quanto lo sia normalmente una persona innocente.
Un altro aspetto che indebolisce l’ipotesi della simulazione è che con la dinamica immaginata da Massei (dall’interno con la finestra aperta di un angolo non specificato, ma certamente sufficiente a permettere il movimento del braccio per lanciare il sasso, per di più con abbastanza forza da intaccare lo scuro presente dietro il vetro e con le persiane chiuse) o per farla breve con qualsiasi dinamica che escluda un lancio dall’esterno, la distribuzione spaziale dei frammenti nella stanza sarebbe stata molto differente da quella che invece si verificò nella stanza della Romanelli, con frammenti di vetro proiettati fino a sotto il comodino vicino al letto di Filomena (praticamente sulla perpendicolare alla finestra) e anche nell’angolo della stanza opposto al vetro infranto.
Una tale disposizione potrebbe essere il prodotto solo di una simulazione molto ben fatta e particolarmente attenta alle leggi della fisica, ma allora, se avevano il tempo e l’ingegno per mettere in atto una simulazione così complessa, è ancor più improbabile che si siano dimenticati che per simulare correttamente un’effrazione dovevano, sempre in ipotesi di colpevolezza, togliere quei benedetti frammenti di vetro da sopra gli oggetti rovistati.
Un’ultima considerazione a proposito della presunta simulazione riguarda la scelta della stanza di Filomena come quella in cui porla in atto: tutte quelle stesse obiezioni che sono state avanzate contro la possibilità che un vero ladro decidesse di passare proprio da quella finestra piuttosto che da altre apparentemente più facili potevano benissimo venire anche alla mente di Amanda e Raffaele.
Anche se andavano di fretta nel simulare un’effrazione subito dopo l’omicidio, la scelta più facile e immediata nel caso della necessità di una scelta veloce (che non significa automaticamente la migliore per una vera effrazione) sarebbe stata la finestra sulla terrazza o quella sul lato della casa dopo il porticato. Anche se quest’ultima era protetta da una persiana, sarebbe stato facile per Amanda, essendo stata l’ultima a lasciare la casa nel tardo pomeriggio del 1 novembre, dire di aver dimenticato di chiuderla.
Ma ancora più semplicemente, perché Amanda e Raffaele non potevano semplicemente pensare che si sarebbe presunto che Meredith aveva lasciato lei stessa entrare il suo assassino?
Perché Meredith non avrebbe mai portato un uomo a casa? Non so se la Knox avrebbe pensato così quella notte, dato che all’epoca il bipolarismo Meredith-Amanda, Santa-Peccatrice doveva ancora nascere: quella fu una creazione processuale e in quel momento Amanda avrebbe visto Meredith come una ragazza come se stessa.
Senza contare che Meredith non era un soldato di guardia a Fort Knox (scusate la battuta) e avrebbe probabilmente aperto a qualcuno, magari conosciuto anche solo di vista, che si fosse presentato con una scusa innocente, senza parlare poi del fatto che, in quanto essere umano compassionevole, avrebbe certamente aperto a chi avesse simulato un malore e chiesto aiuto.
Punto 2
La famosa chiamata fatta “prima che fosse successo qualcosa” è delle 12.47, tre minuti prima della chiamata di Raffaele a sua sorella (all’epoca ufficiale dei Carabinieri) e quindi, nonostante persino la Cassazione sembri non rendersene conto, fu veramente fatta quando la tensione stava già montando e la chiamata alle forze dell’ordine era imminente se uno crede all’innocenza, ovvero quando era già stato deciso di dare il via libera alla scoperta del delitto, se si vuol credere alla colpevolezza.
La circostanza può essere letta nei due modi e in sé non prova nulla.
C’è tuttavia un dettaglio tratto dal primo processo che favorisce a mio avviso un’interpretazione innocentista.
Durante il controinterrogatorio della Knox, il PM Comodi le chiese il perché di questa chiamata, ma, per sbaglio o per tattica processuale, ne spostò l’orario alle 12.00. Una perplessa Amanda disse di non ricordare di aver fatto una chiamata a quell’ora ma sembrò confusa e addirittura reticente ed è anche possibile che questo fosse, almeno in parte, l’effetto voluto dalla Pubblica Accusa, se lo spostamento di orario non fu un errore.
Legittima tattica processuale, per carità, ma il punto è un altro: un’Amanda colpevole che avesse effettuato quella chiamata solo per simulare ansia e preoccupazione secondo un piano premeditato, ben difficilmente si sarebbe fatta ingannare sull’orario, avendolo di sicuro ben chiaro in testa, e lo avrebbe corretto lei stessa, se non al minuto per lo meno collocandolo (correttamente) nel contesto temporale della prima telefonata di Raffaele.
Punto 3
Già prima che fossero pubblicati i libri di Knox e Sollecito avevo il sospetto che la questione della porta chiusa o aperta fosse in gran parte il prodotto di imperfette o improprie traduzioni in un contesto concitato e la lettura dei due libri di cui sopra non ha fatto che confermarmelo. Già solo il fatto che in inglese ci siano due verbi (“to close” and “to lock”) per indicare rispettivamente una chiusura non a chiave e una a chiave, lascia immaginare a che fraintendimenti si può arrivare.
Ma lasciamo perdere i problemi di traduzione e consideriamo un altro aspetto: quale sarebbe stato lo scopo di tentare di far apparire la situazione come normale dicendo che Meredith più o meno spesso chiudeva la porta?
L’unica ragione possibile per Amanda di mentire sul punto sarebbe stata quella di voler tentare di ritardare la scoperta del delitto.
Ma dato che lo stesso Massei ammette che la pulizia era stata terminata e che i Carabinieri erano stati chiamati prima dell’arrivo della Polizia Postale, questo significa che Amanda e Raffaele, se colpevoli, erano in realtà già del tutto preparati a che la scoperta del cadavere avvenisse, anzi, in verità a quel punto tale scoperta era proprio il loro obbiettivo principale, perciò ogni ritardo non avrebbe avuto senso.
Da ciò consegue che Amanda, se colpevole, non avrebbe tentato di ritardare la scoperta rappresentando una situazione non allarmante, ma piuttosto il contrario e quindi la presunta contraddizione non è una prova di colpevolezza, ma piuttosto un’indicazione d’innocenza.
Punto 4
Come per il punto precedente, se la coppia fosse stata colpevole, non avrebbe avuto motivo a questo punto degli eventi di ritardare la scoperta del cadavere, avrebbe però avuto interesse a lasciar fare la scoperta materialmente ad altri. Infatti, dopo aver tanto penato a pulire attentamente dalle proprie tracce quella stessa stanza quello stesso mattino, non desideravano certo rischiare di rimetterci dentro qualcosa di loro (capelli, impronte), di conseguenza non avrebbero tentato affatto, né piano né forte, di buttare giù la porta.
Punto 5
Amanda, se colpevole, non sarebbe stata in una situazione di panico al cottage, ma sarebbe anche stata particolarmente attenta a non scrivere nulla di diverso nella sua mail ad amici e parenti negli USA, soprattutto se tale mail, come è stato supposto, venne scritta per darsi un qualche alibi o per sostenere la storia di copertura. D’altro canto, se innocente, Amanda avrebbe semplicemente rivissuto i suoi ricordi attraverso la consapevolezza che la sua amica era stata realmente uccisa in modo orrendo, perciò quanto magari era solo inquietudine sul momento potrebbe essere diventato panico retrospettivamente.
Punto 6
Se colpevoli i due avrebbero simulato il comportamento esattamente opposto: grande stupore e grande afflizione, proprio perché avrebbero saputo benissimo cosa c’era dietro quella porta e avrebbero avuto tempo per prepararsi, particolarmente Amanda, considerata da tutto il fronte colpevolista una grandissima attrice. Proprio questo presunto aspetto della personalità di Amanda è la chiave del prossimo punto.
Punto 7
Amanda l’assassina, così come dipinta dalla Pubblica Accusa, dalla sentenza di primo grado e da praticamente tutti i colpevolisti, è una subdola e scaltra giovane donna, calcolatrice e manipolatrice e pure una grande attrice, per alcuni persino melodrammatica.
Ma quest’attrice da Oscar si comportò malissimo in Questura nel pomeriggio del 2 novembre. In realtà una subdola, astuta e fredda dark lady non si sarebbe mai smascherata da sola rivelando dettagli sull’omicidio che non avrebbe dovuto conoscere, come si dice che la vera Amanda Knox abbia fatto quel pomeriggio.
Si noti bene che non si trattò di un qualche piccolo particolare che si lasciò sfuggire in un momento di disattenzione, no, fu lei ad andare allegramente da quasi tutte le amiche inglesi di Meredith presenti in Questura (Butterworth, Purton, Bidwell, Howard and Power, secondo le trascrizioni dell’udienza del 13 febbraio 2009) e a raccontare una quantità di dettagli visuali sul cadavere di Meredith (il corpo coperto da un piumino con un piede fuori da esso, la gola tagliata e così via) che sicuramente si sarebbe tenuta per sé, qualora colpevole.
Anche se, come peraltro è chiaro che avvenne in realtà, avesse sentito tali dettagli da Luca Altieri durante il tragitto in macchina verso la Questura, o ancora prima nell’ora trascorsa davanti al villino a parlare con gli altri testimoni presenti alla scoperta del cadavere, se colpevole sarebbe stata comunque attenta a rimanere sul vago, per non rischiare di aggiungere qualcosa che in seguito gli altri testimoni potrebbero aver negato di averle detto.
Per quello che riguarda il suo comportamento con Sollecito (sbaciucchiamenti, coccole), risulta tanto ma tanto difficile pensare che quella grande attrice melodrammatica che è (o dovrebbe essere) la ragazza di Seattle non si sia resa conto che dopo la morte di un’amica il comportamento corretto è quello di piangere dalla disperazione e abbracciare forte ogni amica della scomparsa (in modo tale che Sophie Purton non avrebbe potuto trovarla “fredda”).
Come dice Benigni in Johnny Stecchino: “Mi raccomando, piangi, piangi tanto: fammi fare bella figura.”
Inoltre una subdola, scaltra, calcolatrice Amanda si sarebbe certamente resa conto che comportarsi a quel modo (i bacetti e tutto il resto) non poteva avere altro effetto che sollevare perplessità, se non addirittura sospetti, come poi di fatto successe.
Sembra proprio che ci troviamo di nuovo di fronte al Burattino Amanda: quando lo scenario colpevolista lo richiede, lei è fredda e calcolatrice, persino in grado di prevedere i futuri passaggi di un’investigazione che deve ancora incominciare (simulazione, pulizia selettiva, la mail inviata negli USA), ma quando invece il copione della condanna lo richiede, diventa una delle più stupide assassine della storia del crimine.
Notte all’Opera - 5/6 novembre 2007
Molto, e di segno opposto, è stato detto, e scritto, sull’interrogatorio notturno e quindi non andrò a trattare di aspetti particolarmente controversi e delicati, se non per far notare, en passant, che neppure la Cassazione, nella sua sentenza pur favorevole alla Procura, dimostra di credere ad un amabile convivio.
Voglio invece considerare uno specifico aspetto della questione calunnia.
L’accusa ha sempre sostenuto che la Knox può essere colpevole di calunnia solo se colpevole anche di omicidio, anche perché scopo della calunnia era quello di proteggere se stessa e i suoi complici: in pratica Lumumba fu accusato ingiustamente dell’omicidio per proteggere Guede (“nero per nero”).
La sentenza di primo grado avalla questa posizione.
E questo forse finalmente spiega qualcosa sul perché tale sentenza si mantenga sempre tra il vago ed il barocco quando si tratta si spiegare la regione per cui Amanda non pulì anche le tracce di Guede: non si poteva semplicemente dire che Amanda voleva incastrare Guede, perché questo avrebbe minato alla base l’accusa di calunnia.
Infatti, qualora avesse sentito la propria posizione minacciata durante il famoso interrogatorio, Amanda avrebbe avuto un capro espiatorio già bello e pronto, che lei stessa aveva preparato con la sua pulizia selettiva e quindi non ci sarebbe stato nessun bisogno di tirare in ballo il quarto uomo: bastava e avanzava il terzo, la quale identità, una volta nominato, sarebbe stata facilmente verificata grazie proprio alle tracce da lei lasciate. Né si può dire che avesse paura a nominare il Guede per timore di una chiamata in correità, altrimenti, come correttamente notato nella sentenza di appello (e totalmente trascurato dalla Cassazione), molto meglio sarebbe stato cancellare TUTTE le tracce.
Può anche essere, parliamo sempre in ipotesi di colpevolezza, che Amanda non volesse sin da subito fare il nome di Guede ma solo tenerselo come “riserva”: dopotutto non poteva sapere che le sue impronte erano schedate. Tuttavia una volta che la situazione si fece pressante e bisognava fare un nome, quale era più ovvio di quello già preparato?
A tutto questo bisogna aggiungere che non è ben chiaro il valore depistante del Lumumba, visto che Amanda non poteva conoscere i suoi movimenti e le sue frequentazioni per la sera dell’omicidio, anzi, a rigor di logica avrebbe dovuto presumere che fosse dietro il bancone del suo pub.
A buon intenditore poche parole.
“L’insieme degli elementi esposti e che sono stati singolarmente valutati evidenzia un quadro complessivo e unitario, senza vuoti o incongruenze, e comporta come esito necessario e strettamente consequenziale l’attribuzione dei fatti [di] reato ipotizzati ad entrambi gl’imputati”. (Massei pag. 417)
Congratulazioni.
Varianti senza premeditazione
Diversi autori, bloggers e mebri di forum su Internet hanno prodotto ricostruzioni dell’omicidio che, pur seguendo essenzialmente il cammino tracciato dalla sentenza di primo grado, presentano una sequenza temporale diversa per alcuni importanti elementi della storia.
Uno degli esempi più noti, almeno per il pubblico anglosassone, è quello descritto da Barbie Latza Nadeau nel suo libro “Angel Face: the true story of student killer Amanda Knox” (questo almeno il titolo della prima edizione): la variazione principale presentata dalla Nadeau è che Amanda e Raffaele sarebbero stati talmente “fatti” dopo aver ucciso Meredith da cadere (o collassare) addormentati all’interno del cottage, svegliandosi poi alle luci dell’alba del mattino successivo senza molti ricordi di quello che era successo e stupiti dalla presenza del cadavere di Meredith.
In questa ricostruzione sia la simulazione che la pulizia avvengono nella mattinata del 2 novembre e questa è la principale differenza rispetto a Massei.
Un tale scenario dà ai due studenti meno tempo per preparare una storia di copertura e questo, assieme ai postumi da sbronza potrebbe parzialmente giustificare i loro racconti imprecisi su ciò che fecero la sera del 1 novembre, ma a parte questo, le obiezioni mosse alla ricostruzione di Massei sono valide anche per quella della Nadeau.
Inoltre la storia della Nadeau ha difficoltà a spiegare l’interazione umana sul computer di Raffaele alle 5.32 e anche a giustificare i movimenti di Raffaele avanti e indietro tra cottage e appartamento (dove deve essere alle 9.30 per ricevervi la telefonata di suo padre).
Tutto considerato il racconto di Massei rimane il migliore nel suo genere.
Colpevolezza del secondo tipo – Premeditazione
Uno scenario che contenga la premeditazione ha un grosso vantaggio: ci permette di liberarci del goffo pseudo movente ipotizzato da Massei e dalle sue varianti (come il massiccio abuso di droghe e alcol ipotizzato da Nadeau e altri) e di leggere i dettagli in una struttura coerente, dove ogni cosa collegata all’omicidio può essere vista, per definizione, come pianificata.
Ma i risultati non sono migliori.
Prima di tutto un movente, uno vero, ci vuole comunque e non potendo considerare il denaro ed essendo abbastanza seri da escludere cose come i disaccordi sulle pulizie di casa o sul tirare l’acqua del WC, bisogna supporre qualche sorta di “male connaturato” nella Knox (Sollecito, come al solito, segue la sua signora e padrona) e tutto sommato questo non è molto diverso dal male fine a se stesso della sentenza di primo grado.
Ma mettendo da parte il movente (e non è poca cosa in uno scenario con premeditazione), ci sono anche delle contraddizioni logiche che rendono uno scenario con premeditazione anche più difficile da sostenere di uno senza, a meno che uno non sia disposto a stravolgere il caso completamente, rispetto a quello presentato in aula, e anche in questo caso con un prezzo da pagare.
Per esempio, in uno scenario con premeditazione il famoso coltello sequestrato in casa di Sollecito non può essere seriamente considerato l’arma dell’omicidio: nessuno pianificherebbe un assassinio con un arma che deve essere rimessa nel cassetto di casa, se ne userebbe una che può essere fatta sparire.
L’unico modo per aggirare l’ostacolo è quello di presumere che la polizia abbia sequestrato il coltello sbagliato, cosa che tra l’altro implica che su di esso non ci sia il DNA di Meredith (e le analisi della Polizia Scientifica siano errate) o che c’è stata contaminazione.
Tutto ciò porta dannatamente vicini ad un’assoluzione per mancanza di prove!
Un altro grosso problema riguarda Toto Curatolo: mentre in uno scenario con premeditazione si può affermare che Amanda e Raffaele dovevano aspettare a lungo in Piazza Grimana poiché non volevano essere visti entrare nel villino dagli occupanti della macchina in panne davanti ad esso o dall’autista del mezzo di soccorso, bisogna anche riconoscere che non avrebbero potuto considerare la continua presenza del buon Curatolo come un’alternativa molto migliore.
Perciò, a meno di non far fuori pure lui, avrebbero dovuto rinviare il tutto ad un’altra serata.
Oltretutto avrebbero avuto anche poco tempo per pianificare il crimine per quella sera, dato che fino a circa le 20.40 Raffaele sapeva di dover andare ad accompagnare l’amica Jovana Popovic alla stazione dei pullmann e fino a non molto prima anche Amanda pensava di dover andare a lavorare al pub di Lumumba. Tuttavia si può ovviare a quest’obiezione pensando che i due avessero già pianificato in precedenza il crimine e che semplicemente decisero di porlo in atto quella sera, una volta trovatisi a sorpresa liberi dai loro precedenti impegni.
Certo questo implica che, visto che Amanda e Raffaele si erano conosciuti solo una settimana prima, il ragazzo fece in fretta ad aderire ai propositi omicidi della nuovissima fidanzata, tuttavia si può sempre ipotizzare che Amanda lo plagiò (anche questa è moneta comune in campo colpevolista).
Un altro dettaglio che stride è quello dei telefoni spenti: se in uno scenario senza premeditazione essi sono al più un elemento neutro, se non addirittura a favore dell’innocenza, in caso di premeditazione sono un problema, perché in un omicidio attentamente pianificato essi sarebbero stati lasciati accesi a casa di Raffaele, in modo da supportare l’alibi di aver passato lì la serata/notte.
L’effrazione stessa sarebbe stata meglio simulata e forse sarebbe venuto in mente al duo diabolico, con tutto il tempo dedicato alla pianificazione, che era molto più semplice ed immediato simulare la forzatura della porta d’ingresso piuttosto che quella della finestra della stanza della Romanelli.
Inoltre in un omicidio con premeditazione i complici uno se li sceglie e mentre Sollecito poteva essere così soggiogato da Amanda da poter essere controllato con un joystick (e qualcuno ci crede davvero), la stessa affidabilità non poteva essere attribuita a Guede, che Amanda conosceva appena di sfuggita.
Uno deve quindi presumere che Guede si trovò da quelle parti “per caso”, che peraltro è più o meno quello che ha sempre detto lui, perciò ci si può persino immaginare (e c’è chi l’ha fatto) uno scenario in cui Rudy è innocente e Amanda e Raffaele sono colpevoli.
Per esempio, immaginiamo che Amanda e Raffaele abbiano già preparato tutto in anticipo e che decidano intorno alle 21-21.15 del 1 novembre che quella è la sera giusta.
Si sono preparati delle tute di nylon in modo da non lasciare tracce e hanno pure i guanti, ma indosseranno tutto ciò solo appena fuori dal villino.
Escono da casa di Raffaele e raggiungono il cottage intorno alle 21.30 (no, il caro vecchio Curatolo non li vede e loro nemmeno si fermano in Piazza Grimana), vestono le tute nel buio appena fuori il cottage, poi entrano mentre Guede è al bagno con le cuffie dell’iPod infilate nelle orecchie, uccidono Meredith dopo una breve lotta ma il suo urlo lacerante allarma Guede, che arriva di corsa (più o meno, perché partiva da una “posizione” scomoda) e vede Amanda e Raffaele scappare.
Poiché indossano queste tute i due sono difficili da riconoscere e Guede avrà bisogno di mesi per ricordarsi le loro facce.
I fidanzatini diabolici scappano e lasciano il povero Rudy nelle grane: cerca di aiutare Meredith ma quando si accorge che non c’è speranza va nel panico, pensa di poter essere incastrato e fugge, dimenticando di chiamare il 118, ma visto che è nel panico…
Siamo intorno alle 22, magari è lui che maneggia i telefoni di Meredith intorno a quell’ora, ma lui non lo ha mai detto…quindi non possiamo affermare che cercò di chiamare un numero di emergenza ma che non ci riuscì per via dei tremori dovuti al panico e nemmeno possiamo dire che scappò con i telefoni e li gettò via solo perché nel panico al pensiero di poter essere incastrato.
Incidentalmente, poiché sono circa le 22, la Capezzali, la Monacchia e la Dramis non hanno mai sentito niente che fosse collegato all’omicidio.
Nel frattempo Amanda e Raffaele si sono liberati delle tute, dei guanti e del coltello (quello usato per commettere il crimine, non quell’altro che non si è mosso dal cassetto), ma adesso si devono occupare di Rudy.
Questo potrebbe causare la simulazione, ma perché?
Loro non possono sapere dei piccoli precedenti di Rudy, e il fatto di aver trovato Rudy già al cottage, di suo, dovrebbe far pensare loro che non c’è alcun bisogno di simulare un’effrazione: si sarebbe pensato che l’assassino di Meredith poteva essere una delle sue tante conoscenze, mica necessariamente “quella che aveva le chiavi”.
Ma assumiamo che vogliano per forza mettere in atto questa simulazione: possono farla il mattino dopo, ma visto che è una semplice simulazione senza pulizia (non hanno lasciato tracce), non c’è bisogno di fare una visita al Quintavalle (non che ce ne fosse bisogno anche negli altri scenari…) e Amanda può tranquillamente svegliarsi più tardi.
I due magari sono un po’ troppo sicuri di sé e fanno un lavoro approssimato, rovistando la stanza prima di rompere il vetro e dimenticando si rubare qualcosa (forse la simulazione è un’idea di Raffaele e si sa che lui non è un criminale dello stesso livello di Amanda).
Il resto è storia.
Orbene, in questo scenario si può rendere conto più o meno di tutto, MA…si rimane senza prove:
-Non ci può essere il DNA di Meredith su QUEL coltello.
-Non ci può essere il DNA di Raffaele sul gancetto del reggiseno.
-Le famose impronte evidenziate dal luminol non possono essere state fatte durante l’omicidio.
-L’impronta sul tappetino non può essere di Raffaele.
-Qualsiasi traccia di Amanda nel bagno non può essere collegata all’omicidio.
-Curatolo, Quintavalle, Capezzali, Monacchia e Dramis non hanno visto o sentito niente che sia collegabile all’omicidio.
In conclusione si rimane senza prove scientifiche e senza testimoni, beh con l’eccezione di…Rudy, per quel che vale.
L’unico possibile indizio (non già prova) è la simulazione, ma poiché in tale scenario Rudy considera se stesso come qualcuno che ha avuto legittimo ingresso nell’abitazione, non si può escludere che lo stesso Rudy, in quei concitati momenti dopo la morte di Meredith, abbia pensato di simulare un’effrazione seguendo un modus operandi a lui noto, con l’obbiettivo di indirizzare i sospetti verso qualcuno che non fosse entrato legittimamente nell’abitazione.
Ecco quindi che abbiamo una ricostruzione colpevolista quasi perfetta, ma che non possiamo usare perché non si lascia dietro alcuna prova.
Ho detto “quasi” perfetta, perché c’è sempre un piccolo problema, sempre lo stesso: la calunnia ai danni di Lumumba.
Sì, perché, come già detto più sopra, un’Amanda colpevole, sentendosi intrappolata e sapendo che sulla scena del crimine c’erano solo le tracce di Guede, avrebbe accusato Guede, non Lumumba.
Che peccato…proprio ora che pensavo di essere riuscito a fare dell’ipotesi colpevolista una cosa seria!
Conclusione
Presto saranno passati sei anni e ci troveremo con un terzo processo e non è nemmeno sicuro che sia finita lì: Amanda e Raffaele colpevoli o innocenti? Un gioco che è stato, e sarà ancora, giocato in TV, sui giornali, su Internet e soprattutto in aula.
Perché partendo dall’aula e continuando fuori di essa in molti modi, le vite e le personalità di due giovani persone sono state annullate e sostituite da marionette manovrate da pupari ai quali nulla importa di loro in quanto esseri umani.
E’ diventato un gioco tale che io stesso vi ho partecipato, con le migliori intenzioni, o almeno così penso, ma tuttavia prendendovi comunque parte.
Non so quando e come questa vicenda si concluderà, ma spero che alla fine i due, magari ex-studenti ed ex-ragazzi per allora, possano essere finalmente lasciati in pace a ricostruire le loro vite.