Il ricorso della Procura e la Cassazione.
Nel febbraio 2012 la Procura Generale di Perugia ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza di secondo grado, in un documento a firma del Procuratore Generale Galati e del Sostituto Costagliola, criticando praticamente tutte le conclusioni della medesima.
Il giudizio della Cassazione è fissato per il 25 marzo 2013, ma i supremi giudici prendono tempo fino al mattino successivo, per poi annullare con rinvio le assoluzioni e confermare invece la condanna di Amanda Knox per calunnia.
Pratillo Hellmann, oramai in pensione e quindi libero da vincoli professionali, critica apertamente la decisione dicendo “Prevedevo che la decisione della Cassazione sarebbe stata quella dell’annullamento con rinvio. Il partito dei pm è molto forte nella magistratura” e poi ancora “Voglio vedere chi si assumerà la responsabilità di condannare due innocenti o comunque sfido chiunque ad affermare che ci sono le prove per condannarli”.
Il 18 giugno 2013 viene resa pubblica la motivazione della sentenza della Cassazione ed è ancora Pratillo Hellmann a farsi sentire apertamente: a suo parere la Cassazione sarebbe entrata a piedi uniti nell’ambito delle decisioni di merito, che per legge non le competono.
In effetti, ad una prima, ed ancor più ad una seconda lettura, la sentenza, oltre a mostrare una conformità spesso letterale alle argomentazioni della Procura e oltre a presentare, nella critica alla logica della corte d’appello, parecchi passaggi di una logicità a sua volta piuttosto dubbia, formula talvolta proprie ipotesi sul corso degli eventi che sono semplicemente alternative a quelle della sentenza annullata (e già questo non sembrerebbe molto consono al ruolo della Cassazione) per poi affermare come dato di fatto, per esempio, che l’urlo udito da Capezzali e Monacchia era “sicuramente della povera Meredith”, il che suona parecchio come un giudizio di merito.
Tutta la sentenza si presenta come una completa sconfessione dell’operato dei giudici di secondo grado e come una quasi completa rivalutazione della sentenza di primo grado e del lavoro della Polizia Scientifica, fino al punto di affermare che i video ripresi sulla scena del crimine dimostrerebbero l’operato conforme ai protocolli della Polizia Scientifica, cosa che oltre a suonare un’altra volta come un giudizio di merito, porta anche a chiedersi di quali video si stia parlando.
Infine, praticamente nelle ultime righe, viene riproposto come probabile scenario del delitto quello del gioco erotico, che aveva furoreggiato a suo tempo ma che era stato abbandonato un po’ da tutti nel corso degli anni.
Il nuovo processo.
La prossima tappa di questa maratona giudiziaria avrà luogo a Firenze, a partire dal 30 settembre 2013, salvo rinvii e ritardi, il Presidente della Corte sarà Alessandro Nencini, mentre la pubblica accusa sarà rappresentata dal Sostituto Procuratore Generale Alessandro Crini.
Certamente il tono tutto della sentenza di Cassazione sembra far presagire una condanna, in particolare viene esclusa di fatto la possibilità che Guede possa essere l’unico autore del crimine (anche se la sentenza lo definisce “sicuramente protagonista principale”) e la completa rivalutazione dell’attendibilità dei testimoni e delle indagini forensi non sembra lasciare molti spazi alle difese dei due imputati.
Amanda con ogni probabilità non presenzierà, soprattutto dopo una motivazione di quello stampo, mentre Raffaele ha già dichiarato che sarà presente.
Il processo si è concluso il 30 gennaio 2014 con la condanna degli imputati Knox e Sollecito rispettivamente a 28 anni e mezzo e 25 anni di carcere.
Il 29 aprile 2014 è stata pubblicata la relativa motivazione, una cui accurata disamina può essere trovata qui.
Cassazione ultimo atto.
Il 27 marzo 2015 la Quinta Sezione Penale della Cassazione, annullando senza rinvio la condanna emessa a Firenze, ha anche contestualmente assolto in maniera definitiva Amanda Knox e Raffaele Sollecito per tutti i reati loro ascritti per non aver commesso il fatto.
Questa sentenza mette la parola fine ad un’odissea giudiziaria durata sette anni e mezzo e cinque gradi di giudizio e rimedia, un po’ in ritardo, a tutti gli errori commessi in passato dalla giustizia italiana in merito a questo caso.
Purtroppo nulla, nemmeno eventuali compensazioni economiche per ingiusta detenzione, rimborserà davvero Amanda e Raffaele non solo per gli anni trascorsi dietro le sbarre, ma anche, e forse soprattutto, per aver passato in un incubo quelli che normalmente sono gli anni più belli e vitali dell’esistenza di una persona.
Amanda entrò in questo tunnel che aveva compiuto da poco vent’anni e ne esce a quasi ventotto, Raffaele ne aveva ventitré e mezzo e oramai ha compiuto i trentuno.
Certe cose non si indennizzano in nessun modo.
un dettagliato sito web sull'ingiusta condanna di Amanda Knox e Raffaele Sollecito
Un tempo, un luogo, una o più persone, il dramma classico ha queste caratteristiche e anche la drammatica vicenda cui questo sito è dedicato rispetta queste regole: il tempo è il 1 novembre 2007, un giorno emblematico in Italia, Ognissanti, generalmente associato al culto dei defunti, assieme al 2 novembre, giorno anche esso chiave in questa storia; il luogo è una villetta o cottage ai bordi del centro di Perugia, in una strada dal nome apparentemente rassicurante, Via della Pergola e le persone sono quelle che conosceremo ora.
La vittima, innanzitutto, la quasi ventiduenne studentessa inglese Meredith Kercher, a Perugia per motivi di studio nell’ambito del programma Erasmus, poi un’altra studentessa, la ventenne americana Amanda Knox, anche lei studentessa in trasferta per motivi di studio dalla lontana Seattle, infine due ragazzi, il ventitreenne Raffaele Sollecito, nativo della Puglia ma studente pure lui a Perugia e il prossimo ventunenne Rudy Guede, nato in Costa d’Avorio ma arrivato in Italia a sei anni e oramai perugino d’adozione.
Ovviamente ci sono altri personaggi, molti altri: coinquiline, ragazzi del piano di sotto, amici vari, il proprietario di un pub, poliziotti, magistrati, testimoni, periti, un sacco di gente, come sempre succede in vicende di questo tipo, particolarmente in quelle che catturano l’attenzione del grande pubblico, ancora di più quando questo pubblico è internazionale.
Ma al centro della storia ci sono loro: la vittima e le persone accusate di averla uccisa.
Rudy Guede è già stato condannato in via definitiva a 16 anni, mentre per Amanda Knox e Raffaele Sollecito, oramai popolarmente noti come Amanda e Raffaele, è tuttora in corso un’altalena giudiziaria: condannati in primo grado, assolti in appello e ora rinviati a nuovo processo dalla Cassazione.
Ma come in ogni tragedia classica c’è almeno un atto che precede l’evento di sangue, anche in questa storia ci sono dei fili che si devono intrecciare prima del dramma e, diversamente da una tragedia greca, qui tutto inizia con i toni di una commedia.
Amanda e Meredith si conoscono intorno al 20 settembre in Via della Pergola: Amanda torna dalla Germania dove era andata dopo un primo passaggio a Perugia, durante il quale aveva affittato una stanza nella villetta di Via della Pergola e vi trova la giovane inglese ora sua coinquilina, assieme a due italiane, Laura Mezzetti e Filomena Romanelli.
I rapporti tra le due ragazze sono buoni, dopotutto hanno circa la stessa età e parlano la stessa lingua, oltre a dormire in stanze contigue, perché qualcosa non dovrebbe andare?
Certo, con Meredith morta e Amanda sul banco degli imputati si scatenerà di tutto: da quelli che faranno di questioni di scarichi idraulici un movente per l’omicidio, a quelli che vedranno il movente nell’abitudine di Amanda di mettersi a cantare a squarciagola nelle situazioni più impensate.
E in mezzo una buona dose di pruriginosi scenari a sfondo sessuale, che fanno sempre bene alle vendite dei giornali e all’audience televisiva.
Nonostante tutto questo però nessun testimone credibile ha mai potuto citare una sola evenienza di uno scontro anche solo verbale tra le due ragazze, fino all’ultimo giorno della vita di Meredith.
Raffaele entra in scena una settimana prima della morte di Meredith: lui e Amanda si incontrano ad un concerto di musica classica e tra i due nasce immediatamente un’intesa che li porta ad essere inseparabili nei giorni successivi. Tra l’altro occorre notare che la coppia appena formata passerà insieme tutte le notti, ma sempre nell’alloggio di Raffaele, un dettaglio da considerare nel contesto di quello che sarà poi l’impianto accusatorio contro di loro.
Rudy Guede in verità nella scena ci è entrato anche prima di Raffaele, ma molto tangenzialmente: è infatti amico dei ragazzi che vivono nell’appartamento sotto quello delle quattro ragazze, i ragazzi del piano di sotto di molte descrizioni, e una sera ha l’occasione di fare brevemente la conoscenza di entrambe le ragazze (Meredith e Amanda) proprio al piano di sotto.
Pare accertato che abbia poi incrociato, in qualità di cliente, Amanda nel pub Le Chic dove lei lavorava part-time, oltre a questo non risulta nessun altro legame o contatto dimostrato né con la vittima né con gli altri imputati.
Ora che il preambolo è terminato, possiamo analizzare come la commedia diventi tragedia.
Morte a Perugia.
Dato che da questo momento in poi ogni minimo dettaglio, ogni minimo racconto, verbale o scritto, è stato sviscerato, analizzato e vi si sono cercate contraddizioni che qualcuno ha creduto anche di trovare, il resoconto che faremo non potrà che essere succinto e lasciare ad altri articoli il compito di analizzare in dettaglio particolari aspetti della vicenda.
In questa introduzione seguiremo principalmente il racconto di Amanda e Raffaele.
La mattina del 2 novembre 2007 Amanda si alza abbastanza tardi, intorno alle 10 e va al villino di Via della Pergola per fare una doccia e cambiarsi d’abito prima di partire per una programmata gita a Gubbio insieme a Raffaele.
Ci sono alcune anomalie: la porta esterna aperta (ma era difettosa), alcune piccole macchie di sangue nel bagno e una più significativa ma slavata sul tappetino del bagno (notata però solo dopo aver fatto la doccia), tuttavia Amanda non si preoccupa veramente finché non scopre che qualcuno ha defecato nell’altro bagno, quello comunemente usato dalle coinquiline italiane, senza tirare l’acqua.
Lascia precipitosamente il cottage per tornare a casa di Raffaele, nel mentre cercando di contattare senza successo Meredith per poi riuscire a parlare con Filomena che le consiglia di tornare alla villa con Raffaele per verificare cosa è successo.
Quando i due tornano in Via della Pergola iniziano ad esplorare l’alloggio e scoprono che la finestra della camera di Filomena è stata rotta da un grosso sasso e che tutto in essa è sottosopra.
Dopo qualche tentativo di capire se Meredith è nella sua stanza e qualche altra telefonata con Filomena, Raffaele chiama i Carabinieri che dicono che invieranno una pattuglia. La coppia esce pertanto fuori dal villino, ad attenderli.
Al loro posto arrivano invece due agenti della Polizia Postale, che sono venuti a riconsegnare un telefono intestato a Filomena Romanelli (ma in realtà in uso a Meredith Kercher) che è stato ritrovato quella mattina nel giardino di una villa a non molta distanza da Via della Pergola.
Amanda e Raffaele li invitano ad entrare per verificare lo stato dell’alloggio e della stanza di Filomena, la quale poco dopo arriva e manifesta una certa agitazione, mentre gli agenti della Postale manifestano molta più tranquillità ed uno dei due cerca di calmarla con una battuta che probabilmente si ricorderà finché vive: “non preoccuparti, non c’è mica un morto sotto il divano”.
Su chi fosse preoccupato, quanto, perché e se avrebbe dovuto esserlo o meno si è imbastita un’incredibile sofistica querelle piena di analisi su come Amanda (in particolare) avrebbe o non avrebbe dovuto reagire, su cosa avrebbe o non avrebbe dovuto dire e soprattutto l’esegesi della differenza di opinioni tra lei e Filomena sulla frequenza con cui Meredith chiudeva la porta della sua stanza è diventata un autentico leit-motiv colpevolista.
Ma tant’ è: ogni parola, gesto, atto della giovane coppia e particolarmente di Amanda in questa mattinata e nei giorni seguenti verrà interpretato in chiave accusatoria costruendo incredibili castelli di carte interpretativi sulle più misere basi fattuali.
E’ il prodotto di quella che si chiama cultura del sospetto.
Ma torniamo agli eventi di quella mattina: Filomena insiste con l'amico del suo ragazzo, contro il parere opposto degli agenti della Postale, finché questi con una serie di calci ben assestati sfonda la porta della stanza di Meredith e si ha la scoperta del cadavere.
Un altro elemento contro Amanda, ancora ribadito dalla motivazione della Cassazione, in piena, diciamo pure letterale, sintonia con il ricorso della Procura, sarebbe costituito dai dettagli della scena del crimine che l’americana avrebbe mostrato di conoscere parlando con le amiche inglesi di Meredith in Questura e che secondo la pubblica accusa lei non poteva conoscere se innocente perché non poteva averli visti all’atto dello sfondamento della porta e del ritrovamento del cadavere, essendo troppo lontana.
Ora, a parte che i “dettagli” raccontati da Amanda sono alquanto confusi e chiaramente dimostrano di essere il prodotto di sentito dire, dovrebbe apparire evidente a delle brillanti menti legali che se si lascia qualcuno un’ora a parlare fuori dalla scena del delitto con chi i dettagli li ha visti (Luca Altieri che aveva sfondato la porta, ma anche i paramedici), non si può poi pretendere di vedere nel suo racconto elementi autoincriminanti che magari invece vi si sarebbero potuti vedere se tutti i presenti fossero immediatamente stati isolati gli uni dagli altri e interrogati.
Amanda Knox and Raffaele Sollecito
Interrogatori, ovvero assunzioni di sommarie informazioni, perché sembra che la parola “interrogatorio” non piaccia molto alla pubblica accusa, ce ne saranno in abbondanza nei giorni successivi, fino a quello fondamentale e altamente controverso della notte tra il 5 e il 6 novembre.
Qui vogliamo far notare soprattutto due cose: la prima è che Amanda verrà costantemente interrogata (ci perdoni la Procura ma è un termine più facile da usare) per parecchie ore al giorno dal 2 al 4 novembre, mentre Raffaele dopo il 2 novembre verrà lasciato in pace fino al 5, è importante e ci torneremo sopra; la seconda è che progressivamente il cerchio si stringe su Amanda e Raffaele, non solo i loro telefoni sono intercettati, ma si effettua un’intercettazione ambientale ad hoc in Questura il 4 novembre e secondo quanto scritto da un giornalista locale, quello è lo stesso giorno in cui iniziano a girare voci che gli inquirenti “non ci vedrebbero chiaro nel ruolo di Amanda e Raffaele”.
Inoltre la Polizia propende quasi subito per ritenere che l’effrazione attraverso la finestra della camera della Romanelli sia in realtà una simulazione, e poiché il loro ragionamento è che ha interesse a simulare un’effrazione solo chi, avendo le chiavi, vuole stornare da sé i sospetti, dato che delle quattro persone aventi le chiavi una è la vittima e le due italiane hanno alibi confermati da più persone, chi resta con il cerino in mano?
Tutto ciò è importante, perché secondo la pubblica accusa (ma anche molti dei giudici che sono intervenuti nei vari gradi di giudizio sono riusciti a non vederci niente di strano) Amanda e Raffaele arrivano alla fatidica notte tra il 5 e il 6 novembre come persone informate dei fatti, che possono essere interrogate (o quell’altra cosa sulle sommarie informazioni) senza che s’imponga la presenza di un avvocato.
Una bella differenza …
Ma davvero Amanda e Raffaele la sera del 5 novembre vanno in Questura come semplici persone informate sui fatti?
Il fronte colpevolista, oltre a rispondere ovviamente sì, fa anche notare che in realtà Amanda nessuno l’ha chiamata per andare in Questura quella sera, che il convocato era il solo Raffaele e che lei si è aggregata spontaneamente (o addirittura per controllare lui, secondo qualcuno).
Ecco appunto, la Polizia vuole sentire il solo Raffaele, dopo averlo ignorato per più giorni e per di più alle dieci di sera.
Perché è così fondamentale sentire così urgentemente una semplice persona informata sui fatti, oltretutto in un contesto in cui non c’erano state nuove eclatanti evoluzioni (nessun secondo omicidio di un potenziale serial killer, per esempio)?
Già, chissà perché…
Comunque il fatto è che quella sera verso le 22.30 -23 inizia un interrogatorio parallelo, in stanze separate, per Amanda e Raffaele, le cui conseguenze, oltre a portarli immediatamente in carcere, continuano a segnare ancora oggi la vicenda giudiziaria.
Amanda firmerà due “spontanee dichiarazioni”, una alle ore 1.45 e l’altra alle ore 4.45 del 6 novembre, entrambe verranno poi dichiarate inammissibili, almeno nel contesto del processo per omicidio, dalla Corte di Cassazione.
Che cos’è realmente successo durante tutte quelle ore di interrogatorio, di cui non esiste alcuna registrazione?
La testimonianza dell’interprete Anna Donnino parla di un’Amanda che di punto in bianco e senza aver subito sollecitazione alcuna si mette ad accusare il suo datore di lavoro Patrick Lumumba (il proprietario del pub Le Chic presso il quale lavorava due sere la settimana come cameriera) non appena le viene mostrato un SMS che lei negava di avergli inviato.
Il racconto di Amanda è un po’ diverso e parla di parecchie sollecitazioni e anche di qualcosa di più, tra minacce di trent’anni di galera, scappellotti e inviti a risvegliare i suoi “ricordi rimossi”.
Il racconto di Raffaele è anch’esso pieno di urla, minacce, commenti non gentilissimi rivolti a lui ma ancora di più ad Amanda e anche qualche contatto fisico.
Insomma, una notte da ricordare che i primi due gradi di giudizio valuteranno diversamente: tutto sommato ordinaria il primo, decisamente ai limiti del consentito il secondo.
Alla fine persino la Cassazione, nel contesto di una motivazione chiaramente favorevole alla Procura, non potrà esimersi dal far cadere qua e là parole come “pressante richiesta di un nome da parte delle forze dell’ordine”, “smarrimento, amnesia, confusione”, “eccessi inquisitori”.
Sembra proprio che di una tranquilla chiacchierata tra amici non si parli più.
Il prodotto più evidente di quest’agitata nottata è che le versioni di Amanda e Raffaele cambiano (per la prima e unica volta) rispetto alle loro precedenti dichiarazioni, che li vedevano insieme a casa di Raffaele per tutta la notte del 1 novembre.
Raffaele mette su una confusa ricostruzione, chiaramente improntata ai ricordi della serata precedente, quella di Halloween, in cui Amanda lascia l’appartamento abbastanza presto durante la serata e Amanda di suo ci mette un confuso (l’espressione “ricordo confusamente” appare esplicitamente nel verbale) racconto in cui incontra Patrick vicino al cottage e insieme vanno appunto al villino dove poi il congolese avrebbe ucciso Meredith mentre un’atterrita Amanda si copriva le orecchie in cucina per non sentire le urla.
La presenza di Raffaele in quel contesto è ipotizzata in forma altamente dubitativa solo nel verbale delle 5.45.
A questo punto la Polizia, presente il PM Giuliano Mignini, titolare dell’inchiesta, ha in mano delle dichiarazioni, appunto, confuse, nelle quali Lumumba apparirebbe come l’assassino (e in cui, incidentalmente, nemmeno si capisce bene che ruolo abbia Raffaele).
Non sarebbe la prima volta nella storia delle indagini di polizia se a questo punto si volesse chiarire la posizione del congolese convocandolo discretamente in Questura per vedere per esempio se può fornire un alibi per la notte del delitto.
Si preferisce invece arrestarlo all’alba a casa sua con un certo spiegamento di mezzi per poi sottoporlo ad un interrogatorio (o magari un’assunzione di sommarie informazioni) sulla cui intensità il racconto dello stesso Lumumba varierà nel tempo: prima ad un tabloid inglese racconterà di metodi non esattamente propri di uno stato democratico, per poi ritrattare tutto e dichiarare di essere stato trattato civilmente.
Patrick Lumumba Amanda Knox Raffeale Sollecito
Quello che appare piuttosto singolare è che quella stessa mattina, mentre in casa di Sollecito (che a prestar fede alle dichiarazioni di Amanda manco si capiva se era presente al delitto) vengono sequestrati tre coltelli, uno dei quali, il solo preso in mezzo ad altri tra l’utensileria da cucina, diventerà la supposta ed estremamente controversa arma del delitto, dalla casa di Lumumba, che (sempre secondo le dichiarazioni di Amanda, che in quel momento sono, ufficialmente, tutto quello che la polizia ha in mano) è l’autore materiale del crimine, non se ne preleva manco uno.
Segue poi la famosa conferenza stampa del “caso chiuso”, nella quale viene un po’ prematuramente dichiarato che tutto è chiarito e che i responsabili sono stati individuati.
Un po’ prematuramente perché ancora non sono arrivati i risultati delle indagini forensi sui reperti raccolti sul luogo del delitto e particolarmente nella stanza di Meredith.
Quando questi arrivano scoppia la bomba: nella stanza non vi è traccia dei tre arrestati ma ve ne sono invece di un quarto individuo, che si scoprirà poi da un’impronta palmare essere Rudy Guede, al quale appartiene anche il DNA trovato sulla carta igienica nel water del bagno delle due coinquiline italiane.
Inoltre un professore svizzero fornisce un alibi inoppugnabile a Lumumba, che a questo punto viene scarcerato ed esce dalle indagini, tranne che come parte lesa per il reato di calunnia da parte di Amanda Knox.
Gli unici elementi seri a carico di Amanda e Raffaele a questo punto sono il famoso coltello, scelto, pare, per “intuizione investigativa”, sul quale la Polizia Scientifica ha rilevato (elemento controversissimo a tutt’oggi) una traccia quantitativamente molto esigua del DNA di Meredith sulla lama e una abbondante ma in sé poco significativa del DNA di Amanda sul manico e poi alcune impronte insanguinate di scarpe che vengono attribuite a Raffaele, mentre successivamente verrà appurato che sono di Guede.
Per raccogliere altre prove la Polizia Scientifica effettuerà un ulteriore sopralluogo della scena del crimine il 18 dicembre 2007, a 46 giorni dal crimine, in un contesto di ampia alterazione della scena stessa, per via dei precedenti sopralluoghi, documentato in abbondanza da foto e filmati.
E’ proprio durante questo sopralluogo che si “ritrova” il famoso gancetto del reggiseno di Meredith, fotografato il 2 novembre ma poi “perso di vista”, sul quale la Polizia Scientifica rileverà (e anche questo sarà elemento di controversia) il DNA di Raffaele e poi numerose impronte di piede nudo evidenziate dal luminol, due sole delle quali presentano un profilo genetico misto Amanda-Meredith. Incidentalmente, tutte queste impronte, che si vorrebbero di Amanda, sono al più compatibili dimensionalmente con il piede di Amanda ma o sono troppo indefinite per presentare elementi distintivi veramente utili ad un’identificazione o, nel caso di un’impronta più definita delle altre, presentano una morfologia chiaramente diversa da quella del corrispondente piede di Amanda.
Infine, nessuna di queste impronte risulterà positiva al test della tetrametilbenzidina (TMB), un test particolarmente sensibile alla presenza del sangue.
I testimoni.
Nell’anno circa che passa tra l’arresto e il rinvio a giudizio di Amanda e Raffaele spunteranno (termine particolarmente appropriato) diversi testimoni a carico, la maggior parte di essi nella parte finale di quei dodici mesi.
Due di essi, Kokomani e Gioffredi, gli unici che avrebbero attestato una frequentazione dei tre imputati antecedente il delitto e anzi addirittura nei giorni immediatamente precedenti ad esso, vengono ritenuti inattendibili per le molteplici contraddizioni in cui cadono in sede di esame.
Oltre a loro però si presentano, in tempi più o meno lunghi e magari sotto lo sprone di un giornalista, un clochard, un proprietario di negozio, un’anziana signora dal buon udito e due più giovani signore anch’esse dotate di valide capacità uditive.
Il clochard si chiamava (è deceduto nel 2012) Antonio “Toto” Curatolo e all’epoca del delitto viveva in Piazza Grimana, a breve distanza dal villino di Via della Pergola. Eroinomane per sua stessa ammissione e tuttavia già testimone in altri processi, Curatolo afferma di aver visto a più riprese la sera del 1 novembre Amanda e Raffaele proprio in Piazza Grimana tra le 9,30 e un orario mai veramente definito bene ma che potrebbe spaziare tra “dopo le 23” e “prima di mezzanotte”.
Il proprietario di negozio, a nome Marco Quintavalle, afferma, ma solo dopo circa un anno con apparente sicurezza, che la mattina del 2 novembre 2007 una ragazza, che egli ritiene di riconoscere in Amanda Knox, entrò nel suo negozio alle 7.45 e si diresse nella zona dei prodotti per la pulizia, per poi uscire senza tuttavia aver effettuato, a memoria del Quintavalle (e del suo registratore di cassa) alcun acquisto, dirigendosi infine, una volta uscita, in direzione della vicina Piazza Grimana (e quindi, implicitamente, di Via della Pergola).
Le prima testimone “uditiva” è l’anziana Nara Capezzali, la prima a dichiarare di aver udito, attraverso i doppi vetri chiusi di casa, in un intervallo di tempo piuttosto vagamente identificato come orientativamente intorno alle 23.30, un urlo straziante di donna proveniente dalla direzione del villino, direzione identificata grazie alla propria “buona conoscenza dei luoghi”. Dopo qualche minuto la signora Capezzali ritenne anche di aver udito, sempre attraverso le finestre chiuse, dei passi di corsa sulla scaletta di ferro vicina al parcheggio sottostante e poi anche sulla ghiaia e le foglie secche (!) del vialetto del villino.
La seconda teste che ha, letteralmente, orecchiato qualcosa si chiama Antonella Monacchia e sente, anche essa in un orario vagamente compatibile nella sua indeterminatezza con quello della Capezzali, solo l’urlo ma non i passi di corsa.
La terza infine delle tre ascoltatrici, Maria Ilaria Dramis, sempre in un orario che è più o meno compatibile con quello delle altre due, sente i passi di corsa ma non l’urlo.
Questi sono i testimoni che conteranno davvero nel corso del procedimento giudiziario, almeno relativamente al delitto di omicidio. Ad essi si aggiungeranno, più che altro come testimoni a (cattiva) reputazione di Amanda Knox, le sue ex coinquiline italiane, le amiche inglesi di Meredith e tanto per gradire anche il proprietario di una boutique dove Amanda aveva comprato, il giorno successivo alla scoperta del delitto, un paio di mutande, per sfortuna sua non proprio castigatissime.
Già, la reputazione di Amanda … in effetti al processo Amanda ci arriva con una reputazione già completamente fatta a pezzi, perché un anno è lungo e la stampa nel frattempo si è scatenata.
I media.
Non è una gran novità che i mezzi d’informazione, stampa, TV e oramai anche Internet, vengano attratti morbosamente da alcuni casi, che per un motivo o per l’altro diventano “celebri” (i casi Montesi e Fenaroli negli anni ’50 e ’60 attrassero più attenzione, in proporzione ai media di allora, dei casi degli ultimi anni) e perciò quando una somma di variabili non chiaramente definibili a priori si materializza, ecco che l’attenzione dei media si polarizza su quel caso e sui suoi personaggi.
O su alcuni di essi.
Il caso di Perugia aveva sin dall’inizio molti ingredienti per diventare “celebre”: protagonisti belli e giovani, torbidi elementi sessuali supposti sin dall’inizio, un’atmosfera internazionale.
Non era forse del tutto prevedibile che l’attenzione si concentrasse in maniera pressoché esclusiva su di una sola persona, ovvero Amanda Knox. Forse sarebbe meglio dire che l’attenzione si concentrò su di un personaggio che di Amanda aveva il nome (e per i tabloid inglesi manco quello, visto che il soprannome “Foxy Knoxy” sostituì e ancora oggi in buona parte sostituisce, il vero nome dell’americana) e naturalmente le fattezze fisiche rappresentate in fotografia, ma la cui presunta personalità, la cui vita privata addirittura, erano più che altro il prodotto di fantasie elaborate ad arte per vendere più copie o avere più audience.
In realtà pure questa non è una novità: succede spesso che i media creino i mostri (molto raro vedere posizioni apertamente innocentiste) e poi se li crescano come creature proprie, totalmente sganciate dal reale essere umano che dovrebbero rappresentare e di cui tuttavia portano il nome e l’immagine esteriore.
Tuttavia in questo caso si sono aggiunti altri fattori: essendo la vittima inglese e la supposta assassina americana anche i media di questi due grandi paesi sono stati coinvolti, inizialmente più quelli inglesi in verità, creando un cortocircuito dove le illazioni di un tabloid d’oltremanica venivano gonfiate da un quotidiano italiano per poi essere riprese da un altro giornale o da una TV come base per la successiva sparata ancora più grossa.
Tutto il sensazionalismo era chiaramente incentrato sulla sfera sessuale, per cui Amanda Knox diventava una mangiauomini in grado letteralmente di telecomandare due ragazzi come Guede e Sollecito nel compimento di un omicidio a sua volta a sfondo sessuale, per alcuni addirittura con elementi quasi da racconto a sfondo morale, visto che si arrivava a supporre una Meredith costretta a subire violenza sessuale poiché aveva criticato i facili costumi della coinquilina.
Favole di dubbio gusto, semplici stupidaggini, tuttavia tutto questo battere e ribattere il tasto della prorompente, incontrollabile sessualità della Knox durante tutto un anno, dal novembre 2007 al novembre 2008, e poi ancora oltre, ben dentro il processo di primo grado, creò le condizioni necessarie affinché Amanda arrivasse al primo processo non solo con il marchio dell’assassina ma dell’assassina perversa.
Tutto il mondo occidentale condivide più o meno le stesse mode e gli stessi stereotipi, tuttavia fa un po’ strano che un paese come l’Italia, centro della moda, della sofisticazione nel vestire, dove anche le ragazze ancora minorenni selezionano attentamente il proprio abbigliamento, curano il trucco e guardano con attenzione alla propria acconciatura, si sia potuto tranquillamente bere come prototipo della torbida e sofisticata dark lady una che riusciva ad accoppiare un paio di scarpe da hiking nere con una lunga gonna bianca.
Il processo di primo grado.
Dopo il rinvio a giudizio nel corso dell’udienza preliminare da parte del GUP MIcheli (contestualmente lo stesso GUP aveva condannato Guede a trent’anni) Amanda e Raffaele si trovano ad affrontare nel corso del 2009 il processo con rito ordinario di fronte alla corte presieduta da Giancarlo Massei.
A rappresentare la pubblica accusa vi sono i PM Giuliano Mignini e Manuela Comodi.
PM Giuliano Mignini e Manuela Comodi
Il processo dura quasi un anno e finisce con la condanna a ventisei anni per Amanda (giudicata colpevole anche di calunnia nei confronti di Patrick Lumumba) e a venticinque per Raffaele.
La motivazione del giudice Massei sostanzialmente accoglie più o meno tutti i punti dell’accusa, perlomeno per quello che riguarda l’attendibilità dei testimoni e la validità delle prove scientifiche e particolarmente di quelle riguardanti il DNA, per le quali la difesa aveva richiesto invano un riesame da parte di periti nominati dal tribunale.
Alcuni elementi riguardanti appunto le prove scientifiche risultarono particolarmente controversi perché, per esempio, solo a processo in corso si scoprì che il DNA attribuito a Meredith Kercher e campionato sulla lama del famoso coltello, era di tipo Low Copy Number, cioè essenzialmente in quantità molto esigua e che richiede particolari cautele per il suo trattamento.
Così pure, solo a processo ben inoltrato si scoprì che sulle presunte impronte insanguinate il test del TMB aveva avuto esito negativo.
Una cosa sulla quale invece il giudice Massei si discosta dall’impianto accusatorio è nella ricostruzione dell’evento omicidiario e del connesso movente, o forse si dovrebbe dire della mancanza dello stesso.
L’omicidio viene infatti rappresentato come la conseguenza di una serie di circostanze casuali chiaramente non pianificate: Amanda e Raffaele, nonostante abbiano un appartamento tutto per loro decidono di andare a dare libero sfogo alle loro effusioni nella striminzita cameretta di Amanda al villino (con letto singolo, particolare importante), non prima però di aver stazionato (o comunque di essere apparsi a più riprese) nella fredda serata per un paio d’ore davanti al buon Toto Curatolo che così li può notare.
Per strada però (o forse più tardi, quando sono già al cottage: Massei lascia aperte entrambe le strade) si unisce a loro Rudy Guede, che … passava da quelle parti … vai a vedere il caso alle volte cosa ti combina!
Una volta al villino si appartano nella stanza di Amanda e iniziano le loro attività amorose (con Meredith nella camera a fianco), ma a un certo punto accade che Rudy Guede “si sia lasciato trascinare da una situazione avvertita come carica di sollecitazioni sessuali” e “cedendo alla propria concupiscenza” aggredisce Meredith per costringerla ad un rapporto sessuale; Amanda e Raffaele “ne dovettero essere disturbati ed intervennero”… aiutando Rudy a violentare Meredith!
Perché mai?
La sentenza risolve il tutto con un “rientra nell’esercizio continuo della possibilità di scelta e questa Corte non può che registrare la scelta di male estremo che fu operata”.
Una formula con cui si può giustificare qualsiasi cosa, forse un po’ troppo generica, visto che subito dopo Massei aggiunge “si può ipotizzare che tale scelta di male iniziò con il consumo di sostenze stupefacenti [spinelli] che si era verificato anche quella sera, come dichiarato da Amanda.”
Visto poi che magari qualche spinello non è ancora abbastanza viene aggiunta anche, per buona misura “la visione di film e la lettura di fumetti nei quali la sessualità si accompagna alla violenza ed a situazioni di paura”.
Insomma sesso, droga e cattive letture.
Il processo d’appello.
Il secondo grado di giudizio ha inizio alla fine del 2010 e si protrarrà fino ai primi giorni di ottobre del 2011, nel frattempo la sentenza di Rudy Guede è stata ridotta a 16 anni e resa definitiva dalla Cassazione.
La pubblica accusa è rappresentata dal Sostituto Procuratore Generale Costagliola, ma ancora affiancato dai PM Mignini e Comodi.
La Corte, presieduta da Claudio Pratillo Hellmann, accoglie durante le prime udienze la richiesta da parte della difesa di un riesame delle prove genetiche e nomina due periti, Stefano Conti e Carla Vecchiotti a questo scopo.
Il rapporto dei due periti sarà l’elemento centrale e più determinante dell’intero processo d’appello, di fatto smantellando agli occhi della Corte la credibilità delle prove genetiche, attraverso il lavoro della Prof.ssa Vecchiotti sul DNA del coltello e del gancetto di reggiseno, e anche quella più in generale dei rilievi effettuati dalla Polizia Scientifica sulla scena del crimine, attraverso le critiche mosse dal Prof. Conti all’operato mostrato nei filmati girati dalla stessa Polizia.
Il processo si concluderà con l’assoluzione di Amanda e Raffaele per non avere commesso il fatto e, relativamente all’accusa di aver simulato una falsa effrazione nella camera della Romanelli, perché il fatto non sussiste. Viene invece confermata la condanna di Amanda per calunnia, senza però ovviamente l’aggravante di aver calunniato a scopo di depistaggio.
La motivazione smonta praticamente tutto quanto ritenuto fermamente stabilito in primo grado:
- Curatolo non è attendibile perché confonde i giorni e comunque ha facoltà intellettive molto compromesse;
- Quintavalle può essere soggettivamente convinto di quel che dice di aver visto ma non è affatto certo che lo abbia visto davvero, soprattutto perché nell’immediatezza degli eventi non aveva manifestato tale certezza;
- l’ora della morte deve essere anticipata a prima delle 22.13 perché ci sono altri elementi che risultano più convincenti di quelli riferiti da Capezzali, Monacchia e Dramis;
- l’impronta sul tappetino non è di Raffaele ma piuttosto di Guede;
- le impronte “insanguinate” tali non sono principalmente perché negative al TMB ed inoltre per alcune di esse si può chiaramente dire che non sono né di Amanda né di Raffaele;
- l’attribuzione del DNA sul coltello a Meredith non ha valore scientifico;
- il DNA di Raffaele sul gancetto è probabile frutto di contaminazione;
- tutte le altre prove genetiche raccolte nel bagno piccolo non hanno valore, sia per come sono state raccolte, sia perché il fatto che Amanda e Meredith condividessero il bagno le giustifica senza bisogno di un evento violento;
- il famoso coltello sequestrato in casa di Sollecito con ogni probabilità non è affatto l’arma del delitto, perché di fatto incompatibile con alcune caratteristiche delle lesioni e perché è estremamente difficile giustificare la sua presenza in Via della Pergola nel contesto delle altre evidenze processuali;
- l’effrazione è autentica e probabilmente compiuta da Guede per introdursi in casa;
- il comportamento di Amanda e Raffaele durante il ritrovamento del corpo e nei giorni successivi non ha alcun valore indiziario a loro carico;
- Amanda è sì colpevole del reato di calunnia, ma “il contesto nel quale sono state rese quelle dichiarazioni era chiaramente caratterizzato da una condizione psicologica divenuta per Amanda Knox davvero un peso insopportabile”.
I due imputati sono quindi scarcerati e Amanda torna subito a Seattle. Qualcuno è riuscito a criticare pure questo ritorno, definito come troppo precipitoso … che dire … non avrà gradito la sistemazione in albergo o il servizio in camera durante quei quattro anni …